Prima di condividere un appello trovato su Facebook...
Pubblicato il 8 November 2017.“Condivido questo post trovato in giro, aiutatelo o lo venderanno al macello!”. “Mi è arrivato questo messaggio su WhatsApp e ve lo giro: azienda di latte cede 15 puledri maschi che non servono all’industria, potete prenderli voi?”. “Ho visto la foto di quest’asino sulla bacheca di un contatto, fate qualcosa!”.
Arrivano a ondate, a volte si ripetono ciclicamente, anche a distanza di mesi o anni, non si fermano neanche quando sulla bacheca, ben visibili, ci sono già decine di condivisioni uguali e identiche, spesso con già la nostra risposta sotto. Le condivisioni cieche degli appelli trovati sui Social Network o su WhatsApp NON aiutano gli animali, come ha ben descritto Ermanno Giudici sul suo blog. Vi spieghiamo anche noi perché.
Premessa, fondamentale: un post sui Social Media non equivale a una segnalazione reale. Il primo passo da fare se vedete un asino (o un altro animale) in difficoltà è segnalarlo alle autorità: qui sul nostro sito c’è una sezione apposita in cui vi spieghiamo come fare e vi offriamo il nostro supporto. Fatelo presente anche ai vostri contatti.
L’iter standard delle segnalazioni sui Social prevede il copia incolla di un testo o, spesso, solo di un link (a volte inaccessibile per le impostazioni della privacy), e l’invio tramite messaggio o come post in bacheca, senza nessun altro dettaglio.
Nella quasi totalità dei casi, c’è una foto e una descrizione sommaria, che punta sull’urgenza e sull’emotività, ma priva di qualsiasi indicazione utile: luogo, recapiti, data (certi appelli si ripetono dopo un anno o due, solo perché qualcuno li ha trovati in giro e li ha riproposti senza farsi domande, innescando un’altra fase virale. Quasi sempre, gli animali al centro di tali post sono introvabili o inesistenti).
Quando chiediamo a chi si è fatto promotore dell’annuncio queste informazioni, indispensabili per capire se e come è possibile intervenire (e, prima ancora, se la situazione è reale: perché spesso non lo è), la risposta è sempre la stessa: “Non lo so, non conosco, io ho solo condiviso il post che ho visto sulla bacheca di un contatto”.
Ci è capitato di avere la posta e la bacheca intasate da decine e decine di link identici, per intere settimane. E ci è capitato che in mezzo a quelle segnalazioni ci fosse una richiesta vera, urgente, che rischiava di perdersi in mezzo al rumore creato dalle condivisioni indiscriminate. E inutili, purtroppo: perché se, certo, colpisce il cuore vedere una foto dell’asino Peppino (nome inventato) legato in una stalla e un messaggio tutto in maiuscolo che chiede AIUUTOOO!!!, come facciamo ad aiutarlo, noi o le altre associazioni, se non sappiamo DOVE si trova, CHI contattare, a QUANDO si riferisce l’appello?
Da quando siamo su Facebook, siamo stati interpellati una sola volta dalla persona che aveva creato un post di segnalazione; tutti gli altri casi erano “per sentito dire”. E questo nonostante i nostri contatti siano pubblici, e sempre, nelle risposte, chiediamo a chi ha condiviso l’appello di trasmettere al diretto interessato la nostra disponibilità a dare una mano a trovare casa ad asini in difficoltà (MAI a comprarli o a incentivare l’acquisto, neanche tramite collette: qui abbiamo spiegato dettagliatamente le ragioni). In caso di emergenza reale, non pensate che la persona coinvolta direttamente "potrebbe" contattare l’organizzazione che ha dato la sua disponibilità ad aiutare? Eppure non è quasi mai successo.
Nel 99,9% dei casi, i link sono condivisioni di condivisioni di condivisioni. E, spesso, ce ne imbattiamo attraverso tag e menzioni della nostra pagina o delle persone che lavorano al Rifugio, messe come commento sotto a un post. E qui serve una breve digressione
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Ogni mattina, quando apriamo la pagina Facebook del Rifugio, ci sono centinaia di notifiche, inclusi commenti a foto o post che abbiamo pubblicato anni fa, tag e menzioni sotto post di ogni genere, a cui si aggiungono quelli con i tag personali delle persone che hanno a che fare col Rifugio. Purtroppo, non ci è umanamente possibile riuscire a seguirli tutti: per questo chiediamo sempre a chi vuole comunicare con noi, per essere sicuro di una risposta, di contattarci in modi diretti, via email, telefono (il metodo migliore per segnalazioni e urgenze) o messaggio su Facebook. Eppure, molte pseudo-segnalazioni ci vengono indirizzate così: taggando la nostra pagina insieme a decine di altre, a volte anche sotto post privati, a cui non possiamo avere accesso. Se anche si trattasse di un caso reale, avremmo enormi difficoltà di gestione e intervento.
Se anche si trattasse di un caso reale: già, questo è un aspetto fondamentale. Le bufale sono simpatiche solo se hanno quattro zampe e la coda. Le altre, quelle virtuali, sono dannose e pericolose: perché creano rumore in un oceano di comunicazioni già talmente vasto che l’orientamento (e la selezione di quello che è autentico e importante) diventa sempre più difficile, falsi allarmi (vi ricordate “Al lupo, al lupo?”), perdite di tempo a discapito di chi non ha tempo da perdere (non parliamo tanto di noi, ma di animali in seria e vera difficoltà, per i quali poche ore di ritardo in un intervento, magari proprio quelle impiegate per cercare di trovare la persona all’origine di un appello farlocco, rischia di fare la differenza tra la vita e la morte).
“Nel dubbio l’ho condiviso”, “Meglio una volta in più che in meno”: no, non funziona così. Al di là del fatto che “una volta in più” dopo l’altra si arriva a decine di appelli tutti uguali e ugualmente privi di indicazioni utili, quello che è sbagliato è il concetto del dubbio. Prima di condividere un post, sulla vostra bacheca o con noi, siate certi della veridicità del contenuto. Non avete una conoscenza diretta? Prima di condividere, verificate le fonti (anche se il post è stato condiviso da un amico: perché, se a sua volta non ha fatto una verifica, cosa assicura che sia vero?). E, se siete in dubbio, non nutrite la probabile bufala.
Certo, è un processo più lungo e impegnativo della semplice pressione del tasto “Condividi”. Ma solo così potrete davvero aiutare gli animali e permettere alle organizzazioni che lavorano per loro di poter fare qualcosa di concreto.
Il mondo virtuale è spesso fatto di impulsi, indignazione e “è una vergogna, fate [voi] qualcosa!”.
Il mondo reale richiede coscienza, conoscenza, responsabilità e olio di gomito. Ma è qui, non nello schermo, che vive chi ha bisogno di noi ed è qui che si aiuta davvero. Dateci una mano a farlo nel migliore e più efficiente dei modi.