Ciao Cristina
Pubblicato il 10 August 2017.Cristina non c'è più, questo il finale che non avremmo mai voluto raccontarvi. Lunedì scorso, mentre il veterinario la addormentava, l'abbiamo accompagnata in un sonno privo del dolore che, nelle ultime settimane, non le aveva dato tregua per un solo attimo. Aveva 20 anni.
Vogliamo il lieto fine quando leggiamo una storia, figuriamoci quando ci siamo dentro. Della storia di Cristina abbiamo scritto il salvataggio rocambolesco a Colleferro, il lungo viaggio con i compagni dal Lazio al Piemonte, la nascita del suo Medoro qui al Rifugio, i momenti di tregua dalla laminite, quell'infiammazione che la accompagnava sempre, ma a volte arretrava di un passo e ci faceva illudere che l'avrebbe lasciata in pace.
Se ci seguite da tempo sapete cosa sono stati per gli animali e per noi i giorni, le settimane del sequestro di Cristina e dei suoi compagni. L'emergenza era continua, sul campo, scandita dall'impotenza di fronte agli animali che ci morivano davanti agli occhi quando la salvezza sembrava a un passo, ma anche dalla speranza di riuscire a salvarne ancora e ancora. L'arrivo dei più fortunati al nostro Rifugio non è stato la fine, perché i recuperi non finiscono mai col salvataggio, ma iniziano così e vanno avanti per anni, perché è lungo il processo di costruzione di una vita nuova.
Meglio: una vita aggiustata. Perché ogni abuso, ogni abbandono lascia qualcosa e, a volte, neanche tutte le cure e l'amore del mondo riescono a cancellarlo.
Cristina era arrivata già sofferente di laminite e gravida; tante attenzioni, tante cure e un po' di fortuna le avevano permesso di partorire Medoro, tra i primi "Colleferrini" nati al Rifugio. Cristina è stata per lui una mamma amorevole e non sarebbe potuto essere altrimenti, vista la tenerezza che ha dimostrato sempre verso chiunque, incluso l'uomo.
Una mattina di due anni fa, con la laminite in fase acuta, i bimbi di un centro estivo erano venuti a fare visita al nostro centro. Cristina era dalla parte opposta del recinto: qualche decina di metri, uno spazio infinito nelle sue condizioni. Eppure, un passetto insicuro per volta, paziente e caparbia (da degna esemplare della sua specie), l'aveva percorso per arrivare da quei bambini mai visti prima, che l'avevano incoraggiata per tutto il tragitto, subito innamorati di quella grande asina scura dagli occhi buoni. Poche parole avrebbero saputo spiegare l'essenza degli asini meglio di lei. Questa era Cristina.
Finito lo svezzamento di Medoro l'abbiamo spostata nel recinto degli asini anziani di taglia grande, dove ha legato con tutti e ha trovato un'amica speciale in Chanel, che le è sempre stata vicina, nei momenti in cui la malattia tornava a ruggire e in quelli buoni, ricchi di speranza.
Sono stati i momenti più belli. Chi pensa che gli animali non provano sentimenti avrebbe dovuto vedere la sua gioia incredula mentre riusciva a saltare un tronco caduto, una volta, due, dieci: felice e libera come la puledra che probabilmente non era mai stata, neanche vent'anni prima, quando ancora doveva percorrere i sentieri tortuosi che l'avrebbero condotta fino a quella campagna degli orrori, tra centinaia di asini, muli e cavalli, dove la morte di stenti dei compagni era la norma e le cure, anche le più basilari, non erano contemplate.
Nelle ultime settimane, le cure che, insieme a una dieta controllata e pareggi speciali, le avevano permesso di condurre una vita dignitosa e di tenere sotto il controllo il dolore avevano smesso di funzionare. Nessun effetto dalle nuove terapie somministrate. Passava la giornata sdraiata di fianco alla staccionata e, quando era costretta a muoversi, sembrava calpestare un tappeto di vetro in frantumi. Una non-vita di dolore che, insieme ai risultati delle analisi e alla mancata risposta alle cure, ha fatto decidere il veterinario per l'eutanasia.
Quando salviamo un asino, gli facciamo una promessa: che sia per un giorno o per vent'anni, gli daremo un rifugio vero, non solo a parole. "Riparo, difesa, protezione contro insidie o pericoli": prendersi cura di qualcuno è un impegno costante che significa "stai tranquillo, adesso a te ci penso io". Anche quando pensare a qualcuno, proteggerlo, significa scegliere di far cessare il dolore attraverso l'ultimo modo, quello che non vorremmo mai utilizzare, per aiutare fino in fondo gli asini che abbiamo promesso di difendere.
Non è mai stato facile e non lo sarà mai. Non sappiamo se e cosa c'è dopo, ma sappiamo che Cristina adesso è libera dal dolore e si è addormentata tra le carezze, lì dove ha conosciuto più rispetto e amore di quello che aveva incontrato nei suoi primi 16 anni di vita e dove ha donato la sua dolcezza e la sua gentilezza a chiunque abbia avuto la fortuna di incontrarla.
Non possiamo fare miracoli, purtroppo. Non possiamo cancellare il passato. Ma possiamo regalare un presente degno di essere vissuto alle tante Cristina che hanno bisogno di noi e di voi. Leggete come potete aiutarci.