Ciao Matei
Pubblicato il 1 June 2016.Il giorno in cui Matei se n’è andato pioveva, e abbiamo pensato che di quella pioggia non avrebbe saputo che farsene, lui che amava così tanto il sole. Poi sono arrivati i bambini in gita e lì sì che ci si è stretto il cuore, perché loro gli piacevano, tanto: qualunque cosa stesse facendo, la interrompeva per caracollare verso il recinto. Il primo ad arrivare, l’ultimo ad andare.
Succedeva, con Matei, quello che capitava con la schiena dell’indimenticabile Dipsy: chi lo vedeva per la prima volta rimaneva impressionato dal suo anteriore sinistro deformato (della sua vita precedente, in Romania, gli erano rimasti i segni di una vecchia frattura mai curata e la paura per i movimenti bruschi, quelli che una volta anticipavano le botte).
Ma poi Matei si avvicinava con l’aria “Beh, mi fai qualche coccola?” e quello zoccolo ripiegato su se stesso diventava sempre meno importante agli occhi di chi lo guardava; un dettaglio che sbiadiva al confronto con la sua gioia di vivere. Era perfetto nella sua imperfezione.
Avrebbe avuto tutti i motivi per essere arrabbiato col mondo, ma Matei aveva un vantaggio: era un asino, non un umano. Si era lasciato alle spalle (anzi, alla coda) i momenti brutti, così da avere spazio per assaporarsi appieno tutti quelli belli: le carezze e i grattini dei visitatori, le corsette dietro alle asinelle (il ritmo era quello che potete immaginare per un inseguimento tra vecchietti, ma lo spirito era alto, sempre), ogni singolo raggio di sole.
Negli ultimi mesi, mentre le sue condizioni di salute peggioravano, Matei era attento a non farsene scappare neanche uno: allungava il collo, alzava la testa e sembrava sorridere, grato e beato.
Continua a piovere sul Rifugio, in questi giorni, ma per Matei, classe 1989, morto il 30 maggio, confidiamo in un cielo azzurro e in raggi sempre pronti a scaldare e illuminare. Ci manca e ci mancherà tanto.